12 ottobre 2010

Elettronica Flessibile - da Nova de "Il Sole 24 Ore" del 17.06.2010

Un gruppo di ricercatori ha disegnato un circuito elettronico su un foglio di grafene servendosi di un microscopio a forza atomica. Gli studiosi hanno descritto si "Science" come siano riusciti a incidere sulla superficie del monostrato di carbonio alcune linee conduttrici larghe non più di 12 nanometri, dimostrando in pratica che il grafene costituisce il candidato più promettente per sostituire il silicio nelle applicazioni elettroniche. Secondo i ricercatori, coordinati da Zhongqing We dello U.S. Naval research Laboratory, questa tecnica faciliterà l'avvento di un'elettronica su supporti flessibili, permettendo quindi di installare componenti miniaturizzati su qualunque superficie. Flessibilità che è anche alla base degli esperimenti realizzati da Evan Ma all'Università John Hopkins di Baltimora, il cui gruppo è riuscito a rendere elastici dei nanofili di silicio. Gli studiosi hanno infatti spiegato su "Nature Communications" come sia possibile modificare il vetro su scala nanometrica rendendolo capace di sopportare allungamenti anche del 200%. (an.car)

7 aprile 2010

Nanoprodotti.it Partner tecnico del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano


Nanoprodotti.it è partner tecnico della nuova area Nanotecnologie del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano

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5 marzo 2010

Farmaci Intracellulari - da Nova de "Il Sole 24 Ore" del 04.03.2010

Il rilascio controllato di pezzi di Dna o Rna e di tutti i loro parenti stretti (sRna, Rnai e così via) non solo all'interno di una cellula specifica, ma anche in un organello intracellulare, potrebbe diventare presto abituabile grazie al sistema messo a punto da Simon Richardson, esperto di nanomedicina dell'Università di Greenwich. Il ricercatore ha dimostrato che somministrando agli animali un nanopolimero fatto di poliamidoammine o Paas, i frammenti di materiale genotico in esso contenuti vengono protetti dai sistemi di difesa delle cellule bersaglio, captati al loro interno e lì rilasciati solo in alcune frazioni subcellulari. Il tutto, come riferito sul "Journal of Controlled Release" (che allo studio ha dedicato la copertina e un commento), senza bisogno di vettori virali, ma sfruttando la capacità di Paas di permeare le membrane degli organelli intracellulari senza subire modifiche. Secondo Kinam Park, docente di farmacologia della Purdue University ed editor del giornale, il lavoro "dimostra per la prima volta che la possibilità di rilasciare nanofarmaci in comparti cellulari specifici è concreta, e fornisce elementi utili per il drug delivery in generale". (a.cod.)

Silicio da spalmare che triplica la resa - da "Il Sole 24 Ore" del 21.02.2010

Sono frutto della ricerca made in Italy i moduli fotovoltaici che permettono di triplicare la resa energetica in termini di produzione di elettricità rispetto alle soluzioni attualmente sul mercato. A metterle a punto, per il momento sotto forma di concept da laboratorio, un team di ricercatori dell'Università di Ferrara e dell'Istituto Nazionale per la fisica della materia del Cnr.
I ricercatori, impegnati sul progetto da circa 10 anni, e sostenuti dall'azienda padovana Dichroic Cell (che ha fornito le strumentazioni), hanno ideato un modulo composto di tre celle fotovoltaiche ciascuna a base di un diverso materiale. Gli ingredienti della ricetta sono silicio, arsenuro di gallio e fosforo di indio e gallio. Il tutto mixato con nanoparticelle di germanio, materiale molto costoso e scarsamente reperibile in natura considerato tra i migliori "conduttori" di raggi solari.
"Il reattore Lepecvd, realizzato dalla Dichroic Cell ci ha permesso di ottenere una pellicola ultrasottile a base di nanoparticelle di germanio che spalmato sulla parete esterna delle celle consente di ottenere una resa energetica nell'ordine del 30%", spiega Giuliano Martinelli, ordinario di fisica all'Università di Ferrara. Un risultato eccezionale se si considera che i moduli pià all'avanguardia oggi in commercio raggiungono il 12 - 13%. L'utilizzo di tre differenti celle, inoltre, permette di sfruttare al meglio i raggi solari che vengono "instradati" sulla superficie del modulo per essere trasformati in energia con il massimo dell'efficenza. Più innovazione non fa rima, come spesso accade, con lievitazione dei costi. "Quelli produttivi restano invariati", assicura Martinelli.
Peccato però che l'Italia, prima al mondo ad aver attivato un progetto di ricerca di questo tipo, potrebbe essere sorpassata da altri paesi. "Siamo partiti per primi, altri Paesi si sono poi attivati con progetti analoghi ma ora rischiamo di perdere il vantaggio accumulato", sottolinea il docente dell'ateneo ferrarese. Il fraunhofer Institute tedesco e l'Università statunitense del Delaware sono i principali "rivali". "Non sono più bravi di noi - conclude Martinelli - ma loro possono contare su stanziamenti pubblici consistenti. (M.Fi.)

Defibrillatori Pile Eterne - da Nova de "Il Sole 24 Ore" del 18.02.2010

E' ancora lei, la pluripremiata direttrice dell'Advanced Power Sources Laboratory dell'Università di buffalo Esther Takeuchi, a stupire. Vent'anni dopo aver inventato le prime batterie al litio/argento e ossido di vanadio che alimentano i defibrillatori portatili impiantati ogni anno a 300.000 pazienti di tutto il mondo, e dopo aver registrato 140 brevetti (record al femminile negli Usa), la biofisica americana compie un altro deciso passo in avanti verso alimentatori virtualmente eterni. Questa volta Takeuchi e il suo team hanno ottenuto un materiale che è fino a 15.000 volte più efficente rispetto a quelli delle altre pile (la cui durata, oggi, va dai 5 ai 7 anni) e che è caratterizzato da una versatilità tale da consentirne, con ogni probabilità, l'utilizzo per molte altre malattie, dai disturbi del nervo vago all'ictus all'obesità. Il segreto sta nella generazione in situ, cioè all'interno del dispositivo impiantabile, di nanoparticelle d'argento, che possono essere sfruttate per alimentare i defibrillatori per un tempo di gran lunga superiore a quello di una vita. Al momento sono in corso tutti i test necessari per verificare il comportamento delle nanoparticelle a 37 gradi, anche perchè, come ha ricordato la stessa Takeuchi, "le pile sono un ritrovato ormai storico della scienza. Ma sono anche molto lontane dalla loro piena maturità, e l'interesse nei loro confronti non è mai stato così alto". (a.cod.)

Pannelli Solari Flessibili e Ultraleggeri - da Nova de "Il Sole 24 Ore" del 18.02.2010

I ricercatori dell'Istituto di tecnologia della California di Pasadena hanno annunciato su "Nature Materials" di avere prodotto un pannello solare flessibile che pesa 1/100 rispetto a quelli tradizionali. Per ottenere questo risultato gli studiosi hanno usato nanoparticelle di alluminio per ottimizzare la cattura della luce. Ogni raggio luminoso che colpisce il pannello viene riflesso diverse volte dalle nanoparticelle, in modo che i bastoncelli micrometrici di silicio riescano a utilizzare più energia solare possibile. Con questa tecnica si riesce ad assorbire fino all'85% della luce incidente, ottenendo un tasso di efficenza paragonabile a quella dei normali pannelli. Grazie alla sua estrema flessibilità e leggerezza, la cella fotovoltaica di Atwater può essere applicata su una grande varietà di superfici; inoltre, risulta più economica. (an.car.)

18 febbraio 2010

Pannelli Solari Flessibili e Ultraleggeri - da Nova de "Il Sole 24 Ore" del 18.02.2010

I ricercatori dell'Istituto di tecnologia della California di Pasadena hanno annunciato su "Nature Materials" di avere prodotto un pannello solare flessibile che pesa 1/100 rispetto a quelli tardizionali. Per ottenere questo risultato gli studiosi hanno usato nanoparticelle di alluminio per ottimizzare la cattura della luce. Ogni raggio luminoso che colpisce il pannello viene riflesso diverse volte dalle nanoparticelle, in modo che i bastoncelli nanometrici di silicio riescano ad utilizzare più energia solare possibile. Con questa tecnica si riesce ad assorbire fino all'85% della luce incidente, ottenendo un tasso di effecenza paragonabile a quella dei normali pannelli. Grazie alla sua estrema flessibilità e leggerezza, la cella fotovoltaica di Atwater può essere applicata su una grande varietà di superfici; inoltre, risulta più economica. (an.car.)

La Psicologia di Nomfet - da Nova de "Il Sole 24 Ore" del 11.02.2010

Si chiama Nomfet, da Nanoparticle organic memory field-effect transistor, ed è una delle approssimazioni più felici mai realizzate al funzionamento delle sinapsi cerebrali, finalizzata a ottenere una nuova generazione di computer che si comportino come il cervello umano. Perchè, come riferiscono i bioingegneri del Cnrs di Lille, in Francia, su "Advanced functional materials", il Nomfet riesce a imparare dall'esperienza acquisita e a modificare il suo comportamento di conseguenza. Ciò è reso possibile dal composto base, il pentacene, un polimero di benzene usato per incapsulare nanoparticelle d'oro le quali, così ricoperte, vengono inserite in un transistor in cui sono stati ricavati appositi canali. La miscela di sostanze organiche e inorganiche, unica nel suo genere, garantisce un funzionamento molto vicino a quello delle sinapsi e, in particolare, conferisce una sorta di memoria alle nanoparticelle, in grado poi di modificare la propria condotta e il tipo di reazione. (a.cod.)

17 febbraio 2010

A Temperatura Ambiente - da Nova de "Il Sole 24 Ore" del 11.02.2010

Due scoperte dimostrano come le nanotecnologie possano avvicinare il traguardo di un'economia basata sull'idrogeno All'Università di Dayton, in Ohio, si sono serviti di nanoparticelle per estrarre il gas idrogeno dall'acqua con una semplice reazione chimica. In teoria, infatti, l'alluminio a contatto con l'acqua produce idrogeno, ma la stabilità dell'ossido metallico che si forma impedisce che la realizzazione prosegua a lungo. I ricercatori hanno invece descritto su "Applied materials & interfaces" come le nanoparticelle di alluminio con un nucleo di acido oleico rendano pressoché autosussistente la reazione, permettendo di ottenere idrogeno a temperatura ambiente. E a dimostrazione della potenzialità della scoperta hanno alimentato una cella a combustibile. L'altro risultato importante è stato ottenuto all'Istituto di Shanghai di Fisica tecnica, dove hanno mostrato come l'assorbimento di idrogeno da parte di superfici nanostrutturate possa essere migliorato applicando un campo elettrico. La scoperta, apparsa su "Pnas", è un vero e proprio "spostamento paradigmatico" nella progettazione di serbatoi per idrogeno. (an.car.)

Chip Al Grafene - da Nova de "Il Sole 24 Ore" del 11.02.2010

Il grafene è ora più vicino a inaugurare il futuro dell'elettronica, per chip più resistenti, veloci, affidabili. L'assicurano i ricercatori giapponesi della Tohoku University: sostengono di aver inventato un metodo rivoluzionario per stampare circuiti integrati su un sottile strato di grafene tramite la tradizionale tecnica litograqfica ora usata con i chip al silicio. L'industria che produce i chip potrebbe quindi adottare il grafene evitando alti costi di conversione dei processi e macchinari. Il metodo consiste nel grafitizzare sottili strati di silicio formati da substrati di silicio. (al.lo.)

16 febbraio 2010

Riparazione Su Misura - da Nova de "Il Sole 24 Ore" del 04.02.2010

L'esperienza dei ricercatori del Mit e di Harvard sui nanosistemi per il rilascio degli antitumorali è servita loro per inventare una nuova applicazione: quella volta a riparare i vasi danneggiati. Come riferito su "Pnas", sono stati messi a punto nanouncini che agganciano la membrana cellulare e, una volta posizionati, rilasciano in situ farmaci già usati negli stent medicati. I nanouncini sono formati da un core di nanoparticelle del polimero Pla legato al farmaco, circondato da uno strato di lecitina di soia e, più esternamente, da un altro polimero chiamato Peg, che protegge il contenuto fino a destinazione. Il tutto è poi ricoperto da un frammento di sette aminoacidi chiamato C11, che permette l'aggancio alla membrana basale. I vantaggi dei nanouncini sono diversi: la loro sintesi è piuttosto semplice, è possibile iniettarli in vena anche lontano dalla sede della lesione, la durata del rilascio del farmaco è modulabile (nei test è stato possibile farlo durare 12 giorni). (a.cod.)

Filtro Cattura - Cellule - da Nova de "Il Sole 24 Ore" del 04.02.2010

Il sistema di filtraggio cellulare progettato all'Università di Cornell di Ithaca funziona come la carta moschicida, ma le sue applicazioni sembrano particolarmente promettenti. Il gruppo diretto da Michael R. King ha infatti elaborato un rivestimento composto da nanoparticelle di silicio e da una resina di titanato che, in accoppiamento con alcuni ricettori proteici, cattura selettivamente specifiche molecole presenti all'interno di un fluido. Una volta applicato su una superficie, il rivestimento inizia la sua azione di filtraggio sul liquido che scorre. In particolare, i ricercatori hanno selezionato i recettori in modo da trattenere cellule leucemiche presenti nel sangue umano. Le nanoparticelle avrebbero l'effetto, come hanno spiegato gli studiosi su "Acs Nano", di aumentare la rugosità ello strato superficiale, accrescendo l'area di contatto con il fluido e aumentando così il potere di assorbimento. Questo sistema di filtraggio ha le potenzialità per migliorare i sistemi usati oggi nella cattura di determinate cellule e potrebbe essere impiegato tanto in ambito terapeutico quanto industriale, a partire dalla depurazione dei liquidi. (an.car.)

2 febbraio 2010

Cella di memoria - da Nova de "Il Sole 24 Ore" del 28.01.2010

All'Università della California di Los Angeles il team di Kang L. Wang ha realizzato una cella di memoria a multilivello, ossia capace di memorizzare bit di informazione su più strati. Pur essendo prodotta partendo da una superficie metallica, gli studiosi sono riusciti a evitare le variazioni di potenziale che limitano il funzionamento di questo tipo di memorie. Il sistema, descritto su "Nano Letters", sfrutta la struttura reticolare dei metalli e funziona a basse temperature in un intervallo di potenziale compreso fra 15 e 18 Volt. I ricercatori hanno spiegato che questa tecnologia costituisce un primo esempio di fabbricazione su scala nanometrica di memorie multilivello e costituisce la premessa per la realizzazione di supporti di memorizzazione ad alta densità. Un' altra strada promettente per aumentare la capacità dei dischi rigidi è stata presentata da James M. Tour, del Rice Quantum Institute di Houston. Il suo gruppo ha realizzato una memoria non volatile sfruttando il ciclo di isteresi di un nanotubo semiconduttore a singola parete di carbonio. (an. car.)

Nanoartigiani - da Nova de "Il Sole 24 Ore" del 28.01.2010

Nanoparticelle come artigiani che rifiniscono il loro lavoro, intervenendo anche sulla più piccola scalfitura. Anna C. Balazs (Università di Pittsburgh) ha descritto su "Acs Nano" un sistema basato sulle nanotecnologie per la riprazione di fratture e incrinature dei materiali. Il suo gruppo ha simulato l'azione di capsule riempite con nanoparticelle che sono condotte sulle crepe da riparare.Una volta giunte sul posto, le nanoparticelle si disperdono andando a sigillare le fratture. Il gruppo ha dimostrato che questa tecnologia potrebbe essere migliorata tramite un flusso continuo di capsule che monitorano lo stato di una superficie. L'utlizzo di nanoparticelle per effettuare riparazioni, ma in campo biologico, è alla base delle ricerche condotte da Shinji Takeoka. Il ricercatore (Università Waseda di Tokio) ha sviluppato una pellicola biodegradabile spessa 20 nanometri che potrebbe essere usata per suture chirurgiche. La pellicola, descritta su "Advanced Materials", è trasparente, flessibile e ha un elevato potere sigillante. I primi test ne hanno dimostrato l'alta compatibilità con i tessuti biologici e il suo potenziale terapeutico. (an. car.)

26 gennaio 2010

Pioggia di nanofrecce - da Nova de "il Sole 24 Ore" del 21.01.2010

A Singapore, all'Università di tecnologia di Nanyang, si sta studiando la possibilità di combattere le infezioni sottoponendo i batteri a una pioggia incessante di nanofrecce. Il gruppo di Yuan Chen ha eseguito una serie di esperimenti sulle proprietà antibatteriche di nanotubi puri a parere singola con un diametro di 0,83 nanometri. I ricercatori hanno scoperto che i nanotubi si comportano come frecce che "attaccano costantemente" i batteri causandone la morte. Gli studiosi hanno spiegato sulla rivista "Acs Nano" che questa azione antibatterica si esercita contro diversi organismi tra cui l'Escherichia coli, lo Pseudomonas aeruginosa o lo Staphylococcus aureus. Il team di Chen ha anche ideato una strategia per rendere più efficace l'attacco dei nanotubi alle infezioni, velocizzandone il movimento.
Gli studiosi sono convinti che dai loro esperimenti potrà emergere una tecnica potenzialmente utile per guarire le infezioni "minimizzando i rischi per la salute e l'ambiente". (an.car.)

Detergenti alla CO2 - da Nova de "Il Sole 24 Ore" del 21.01.2010

Le nanotecnologie legate alla conoscenza precisa dei comportamenti molecolari costituiscono una strada promettente per avere una chimica verde rispettosa dell'ambiente. All'Università olandese di Leida la ricercatrice Elisabeth Bouwman ha messo a punto una tecnica per estrarre l'anidride carbonica dall'aria producendo sostanze detergenti.
Come ha spiegato Bouwman su "Technology Review", il sistema sfrutta una serie di reazioni concatenate. Il rame si lega a due molecole di CO2 producendo un ossalato; quest'ultimo forma col litio prima un sale e quindi un acido, mentre una debole corrente consente di riottenere il rame di partenza per iniziare un nuovo ciclo. L'acido ossalico prodotto può essere usato nei detersivi, ed è quindi ottenuto sequestrando CO2 dall'atmosfera con un effetto anti gas serra. All'Università iraniana di Tabriz hanno invece dimostrato che nanotubi di carbonio e politetrafluoroetilene possono essere usati per rimuovere i coloranti dagli scarichi delle fabbriche tessili. Lo studio è stato pubblicato su "Electrochimica Acta". (an.car.)