18 febbraio 2010

Pannelli Solari Flessibili e Ultraleggeri - da Nova de "Il Sole 24 Ore" del 18.02.2010

I ricercatori dell'Istituto di tecnologia della California di Pasadena hanno annunciato su "Nature Materials" di avere prodotto un pannello solare flessibile che pesa 1/100 rispetto a quelli tardizionali. Per ottenere questo risultato gli studiosi hanno usato nanoparticelle di alluminio per ottimizzare la cattura della luce. Ogni raggio luminoso che colpisce il pannello viene riflesso diverse volte dalle nanoparticelle, in modo che i bastoncelli nanometrici di silicio riescano ad utilizzare più energia solare possibile. Con questa tecnica si riesce ad assorbire fino all'85% della luce incidente, ottenendo un tasso di effecenza paragonabile a quella dei normali pannelli. Grazie alla sua estrema flessibilità e leggerezza, la cella fotovoltaica di Atwater può essere applicata su una grande varietà di superfici; inoltre, risulta più economica. (an.car.)

La Psicologia di Nomfet - da Nova de "Il Sole 24 Ore" del 11.02.2010

Si chiama Nomfet, da Nanoparticle organic memory field-effect transistor, ed è una delle approssimazioni più felici mai realizzate al funzionamento delle sinapsi cerebrali, finalizzata a ottenere una nuova generazione di computer che si comportino come il cervello umano. Perchè, come riferiscono i bioingegneri del Cnrs di Lille, in Francia, su "Advanced functional materials", il Nomfet riesce a imparare dall'esperienza acquisita e a modificare il suo comportamento di conseguenza. Ciò è reso possibile dal composto base, il pentacene, un polimero di benzene usato per incapsulare nanoparticelle d'oro le quali, così ricoperte, vengono inserite in un transistor in cui sono stati ricavati appositi canali. La miscela di sostanze organiche e inorganiche, unica nel suo genere, garantisce un funzionamento molto vicino a quello delle sinapsi e, in particolare, conferisce una sorta di memoria alle nanoparticelle, in grado poi di modificare la propria condotta e il tipo di reazione. (a.cod.)

17 febbraio 2010

A Temperatura Ambiente - da Nova de "Il Sole 24 Ore" del 11.02.2010

Due scoperte dimostrano come le nanotecnologie possano avvicinare il traguardo di un'economia basata sull'idrogeno All'Università di Dayton, in Ohio, si sono serviti di nanoparticelle per estrarre il gas idrogeno dall'acqua con una semplice reazione chimica. In teoria, infatti, l'alluminio a contatto con l'acqua produce idrogeno, ma la stabilità dell'ossido metallico che si forma impedisce che la realizzazione prosegua a lungo. I ricercatori hanno invece descritto su "Applied materials & interfaces" come le nanoparticelle di alluminio con un nucleo di acido oleico rendano pressoché autosussistente la reazione, permettendo di ottenere idrogeno a temperatura ambiente. E a dimostrazione della potenzialità della scoperta hanno alimentato una cella a combustibile. L'altro risultato importante è stato ottenuto all'Istituto di Shanghai di Fisica tecnica, dove hanno mostrato come l'assorbimento di idrogeno da parte di superfici nanostrutturate possa essere migliorato applicando un campo elettrico. La scoperta, apparsa su "Pnas", è un vero e proprio "spostamento paradigmatico" nella progettazione di serbatoi per idrogeno. (an.car.)

Chip Al Grafene - da Nova de "Il Sole 24 Ore" del 11.02.2010

Il grafene è ora più vicino a inaugurare il futuro dell'elettronica, per chip più resistenti, veloci, affidabili. L'assicurano i ricercatori giapponesi della Tohoku University: sostengono di aver inventato un metodo rivoluzionario per stampare circuiti integrati su un sottile strato di grafene tramite la tradizionale tecnica litograqfica ora usata con i chip al silicio. L'industria che produce i chip potrebbe quindi adottare il grafene evitando alti costi di conversione dei processi e macchinari. Il metodo consiste nel grafitizzare sottili strati di silicio formati da substrati di silicio. (al.lo.)

16 febbraio 2010

Riparazione Su Misura - da Nova de "Il Sole 24 Ore" del 04.02.2010

L'esperienza dei ricercatori del Mit e di Harvard sui nanosistemi per il rilascio degli antitumorali è servita loro per inventare una nuova applicazione: quella volta a riparare i vasi danneggiati. Come riferito su "Pnas", sono stati messi a punto nanouncini che agganciano la membrana cellulare e, una volta posizionati, rilasciano in situ farmaci già usati negli stent medicati. I nanouncini sono formati da un core di nanoparticelle del polimero Pla legato al farmaco, circondato da uno strato di lecitina di soia e, più esternamente, da un altro polimero chiamato Peg, che protegge il contenuto fino a destinazione. Il tutto è poi ricoperto da un frammento di sette aminoacidi chiamato C11, che permette l'aggancio alla membrana basale. I vantaggi dei nanouncini sono diversi: la loro sintesi è piuttosto semplice, è possibile iniettarli in vena anche lontano dalla sede della lesione, la durata del rilascio del farmaco è modulabile (nei test è stato possibile farlo durare 12 giorni). (a.cod.)

Filtro Cattura - Cellule - da Nova de "Il Sole 24 Ore" del 04.02.2010

Il sistema di filtraggio cellulare progettato all'Università di Cornell di Ithaca funziona come la carta moschicida, ma le sue applicazioni sembrano particolarmente promettenti. Il gruppo diretto da Michael R. King ha infatti elaborato un rivestimento composto da nanoparticelle di silicio e da una resina di titanato che, in accoppiamento con alcuni ricettori proteici, cattura selettivamente specifiche molecole presenti all'interno di un fluido. Una volta applicato su una superficie, il rivestimento inizia la sua azione di filtraggio sul liquido che scorre. In particolare, i ricercatori hanno selezionato i recettori in modo da trattenere cellule leucemiche presenti nel sangue umano. Le nanoparticelle avrebbero l'effetto, come hanno spiegato gli studiosi su "Acs Nano", di aumentare la rugosità ello strato superficiale, accrescendo l'area di contatto con il fluido e aumentando così il potere di assorbimento. Questo sistema di filtraggio ha le potenzialità per migliorare i sistemi usati oggi nella cattura di determinate cellule e potrebbe essere impiegato tanto in ambito terapeutico quanto industriale, a partire dalla depurazione dei liquidi. (an.car.)

2 febbraio 2010

Cella di memoria - da Nova de "Il Sole 24 Ore" del 28.01.2010

All'Università della California di Los Angeles il team di Kang L. Wang ha realizzato una cella di memoria a multilivello, ossia capace di memorizzare bit di informazione su più strati. Pur essendo prodotta partendo da una superficie metallica, gli studiosi sono riusciti a evitare le variazioni di potenziale che limitano il funzionamento di questo tipo di memorie. Il sistema, descritto su "Nano Letters", sfrutta la struttura reticolare dei metalli e funziona a basse temperature in un intervallo di potenziale compreso fra 15 e 18 Volt. I ricercatori hanno spiegato che questa tecnologia costituisce un primo esempio di fabbricazione su scala nanometrica di memorie multilivello e costituisce la premessa per la realizzazione di supporti di memorizzazione ad alta densità. Un' altra strada promettente per aumentare la capacità dei dischi rigidi è stata presentata da James M. Tour, del Rice Quantum Institute di Houston. Il suo gruppo ha realizzato una memoria non volatile sfruttando il ciclo di isteresi di un nanotubo semiconduttore a singola parete di carbonio. (an. car.)

Nanoartigiani - da Nova de "Il Sole 24 Ore" del 28.01.2010

Nanoparticelle come artigiani che rifiniscono il loro lavoro, intervenendo anche sulla più piccola scalfitura. Anna C. Balazs (Università di Pittsburgh) ha descritto su "Acs Nano" un sistema basato sulle nanotecnologie per la riprazione di fratture e incrinature dei materiali. Il suo gruppo ha simulato l'azione di capsule riempite con nanoparticelle che sono condotte sulle crepe da riparare.Una volta giunte sul posto, le nanoparticelle si disperdono andando a sigillare le fratture. Il gruppo ha dimostrato che questa tecnologia potrebbe essere migliorata tramite un flusso continuo di capsule che monitorano lo stato di una superficie. L'utlizzo di nanoparticelle per effettuare riparazioni, ma in campo biologico, è alla base delle ricerche condotte da Shinji Takeoka. Il ricercatore (Università Waseda di Tokio) ha sviluppato una pellicola biodegradabile spessa 20 nanometri che potrebbe essere usata per suture chirurgiche. La pellicola, descritta su "Advanced Materials", è trasparente, flessibile e ha un elevato potere sigillante. I primi test ne hanno dimostrato l'alta compatibilità con i tessuti biologici e il suo potenziale terapeutico. (an. car.)