10 luglio 2009

Lo Stile di Prometeo - da Nova de "Il Sole 24 Ore" del 09.07.09

L'ABBIGLIAMENTO ESPLORA LE POSSIBILITA' OFFERTE DALLE NANOTECNOLOGIE
La scienza apre la strada ai tessuti intelligenti. anche anell'alta gamma. Ma soprattutto si spera che siano sostenibili

Un'arte delicata e millenaria, quella della lana. Dove conta la mano, il passaggio lieve delle dita sul tessuto. "Dopo 25 anni di mestiere so riconoscere al tatto se è una fibra da 15 micron o da dieci" afferma Brunello Cucinelli, uno dei leader mondiali nel cashmere di alta gamma: "la mano significa morbidezza, setosità, naturalezza del tessuto. E' il cuore del nostro lavoro. Nulla deve alterarla o dare appena l'impressione di artificiale".
Eppure le nanotecnologie si affacciano anche nell'area più sofisticata del tessile. Negli interstizi delle fibre naturali, cashmere, vicugna o alpaca (da 4 a 6 volte più fini di un capello) si possono inserire nanostrutture da diecia cento volte più piccole, progettate per respingere i liquidi, per schermare i raggi solari, per rilasciare profumi o agire da antibatterici.
chimica avnazata, fisica dei plasmi, biotecnologie degli enzimi appaiono le strade più promettenti per reingegnerizzare i tessuti, stando almeno all'ultima edizione del Nanoforum di Torino. Molto più facile farlo per i tessili tecnici (capi sportivi più o meno estremi, tende, rivestimenti, persino coperture stradali...), o per il cotone di magliette e jeans. Ben più ardua l'impresa per chi ha fatto delle fibre fini e naturali la sua bandiera.
"Noi operiamo a 360 gradi - spiega Anna Zegna, dell'omonimo gruppo laniero - da un lato produciamo il cashmere Oasi, tinto senza un milligrammo di chimica, e tutto per infusione. Dall'altro lavoriamo sull'innovazione spinta. Abbiamo tessuti antimacchia su cui puoi rovesciare una tazzina di caffè o un'insalata e rimuovere tutto dal vestito con un fzzoletto di carta e senza tracce. Produciamo dei blazer blu che si comportano, al calore solare estivo, come se fossero bianchi. Un "cool effect" che genera, a parità di colore, dieci gradi in meno sulla superficie del tessuto. Una particolare tecnica di tintura che fa in modo che i colori scuri, invece di assorbire la luce, la respingano, esattamente come i chiari".
Cucinelli, appartiene invece al partito degli scettici. Per lui esiste solo il naturale puro: "Sono anni che gli studiosi ci provano. Ma ogni volta che in lavanderia, in tintoria o in follatura si mettono degli additivi non normali se poi si passa la mano si sente in qualche modo l'artificiale. E questo per noi non è accettabile."
Eppure la tecnologia è in pieno movimento. Alla arioli di Como, meccanotessile, hanno appena presentato la prima macchina per la deposizione al plasma a ciclo continuo sui tessuti. A temperatura ambiente il sistema, sviluppato con l'Università di Milanoe la Stazione sperimentale per la Seta, "lima" le superfici dei tessuti e inserisce, via gas ionizzati, atomi, molecole o film polimerici. "Con la deposizione al plasma - spiega Nicoletta Di Vetro della Plasma Solutions, una spinoff dell'Università di Bari - l'inserimento di prodotti chimici può essere minimo e mirato".
Anche se passare dalle macchine di laboratorio al ciclo continuo industriale non è uno scherzo.
Una strada alternativa è il sol-gel, una tecnbica chimica che consente di produrre, in soluzioni acquoseo di alcool, nanostrutture di ossidi metallici, come il nanotitanio, già utilizzato per tende a rivestimenti fotocatalizzatori (capaci di uccidere batteri o degradare inquinanti con la luce solare). "Dentro i nano-reticoli possiamo ospitare varie molecole - spiega Lorenza Draghi di Nanosurfaces, spinoff del Politecnico di Milano - dai profumi a rilascio controllato, a pigmenti che cambiano colore alal luce. Il tutto via semplice immersioni, e normali macchine di finissaggio. Ma il difficile è la chimica retrostante". Basta poco, con i sol-gel, per ottenere una lana anti-infeltrente, ma con "effetto cartone".
E infine gli enzimi, ovvero i catalizzatori biologici prodotti da micro-organismi più o meno ingegnerizzati. "Alcuni, come l'amilasi, si usano da secoli per togliere l'amido dalle fibre di cotone - speiga Gianfranco Peluso del Cnr di Napoli - altri, come la proteasi, attaccano le micro-scaglie che ricoprono le fibre di lana, e le rendono più morbide ma anche più fragili. Per questo stiamo lavorando su tecniche ibride, in cui la proteasi distrugge e le transglutaminasi contempoaneamente riparano le fibre".
"E' come passarla alla carta vetrata, per toglierne le asperità. Sono trattamenti noti ma delicatissimi - osserva Zegna - gli enzimi agiscono sotto azione meccanica e di temperatura. Basta una piccola variazione e cambia tutto. E anche sulla deposizione al plasma ci stiamo interessando da vari anni". ma Cucinelli aggiunge: "Non sono contro la ricerca, anzi. Ma vorrei che sviluppasse, anche con le nanotecnologie, coloranti più ecologici. Su questo sì che sono disposto a scommettere".
(Giuseppe Caravita)